Monday, August 29, 2011

EMBRUJAME

Esiste un posto non lontano da qui dove ci si arriva di notte. Planando dal mare. E dal cielo sembra una donna. Nobile ed eccentrica. Con un cappello stravagante e le ampie balze della gonna stracciate per terra. E’ una regina che esibisce irriverente il culo mentre pulisce il pavimento.
Esiste un posto steso sul mare dove la gente, la malagente, cammina per le strade. A volte immense e rettilinee, altre aggrovigliate come un gomitolo a forma di cuore. E’ un posto dove nessuno sa il tuo nome ma tutti ti salutano. Ti augurano “buoni giorni”, perché la fortuna non sia solo di oggi ma vada un po’ più in la, anche nell’eventualità che domani non ci si incontri per rinnovare l’auspicio. E allora conviene ragionare al plurale. E siano buoni i giorni, ma anche i pomeriggi e le notti siano altrettanto buone. In quel posto le strade di notte sono lucide d’acqua anche se non piove quasi mai, e ti lavano la suola delle scarpe stanche e ubriache di birra e danze. E l’acqua delle strade fa risuonare l’eco di milioni di passi e parole di ogni forma e colore.
Esiste un posto che ci si capisce al volo e di giorno, anche quando il mattino arriva troppo presto e comunque ospite inatteso, il cielo resta un po’ velato. Come sottomesso ai colori che fiammeggiano per strada. O per risuonare i segreti del negozio dei mille mappamondi, delle persone immobili a un metro da terra o del cimitero dei libri dimenticati. Segreti invisibili all’occhio umano ma non certo a quello felino. Si. In questo posto i gatti sono re. Salgono veloci sugli alberi e da li guardano, controllano, regnano. Severi, marziali e impenetrabili. Ce ne sono quattro poi, neri, che da sempre, quando le strade sono deserte, escono e ogni volta ribadiscono il possesso della città. Nessuno li vede, se non nei numerosi ritratti appesi nei vecchi bar di quartiere o tratteggiati sui muri. Anche per questo sono re.
Esiste un posto dove le donne vanno in chiesa. Addobbate come si conviene per fare festa, e all’uscita parlano forte, ridono e si preparano a indulgere al peccato senza troppe storie. Perché Dio in questo posto, suonando la chitarra, non può che sorridere e benedire queste bambine indisciplinate con le labbra sempre traboccanti di rossetto come quando lo rubavano alla mamma. E quando invecchiano diventano vecchie-bambine. Ce n’è una che passa le giornate seduta in un vicolo dietro la cattedrale. E’ curva nelle spalle curve sedute su una sedia. Ma quando comincia a cantare, la voce sottile e cristallina riempie le strade, attraversa i vicoli e ferma la gente. E anche l’aria si ferma in rispettosa soggezione della vecchia-bambina che ogni giorno, alla stessa ora da incontabili anni (forse da sempre), intona “l’amour est un oiseau rebelle” accompagnata da quella chitarra divina che solo lei può sentire.

Esiste un posto di malagente, dove esistono i santi e i demoni, ma non si riescono a distinguere. Però quando muoiono, talvolta sulle strade, versano sangue vero e tutto il sangue quando tocca la pietra, foss’anche la pietra del selciato, diventa sacro.

Esiste un posto di malagente. Che si ama per strada e gli uomini e le donne amano le donne e gli uomini in ordine sparso e che nessuno si azzardi a giudicare. Perché in questo posto si fa l’amore e volendo si cammina nudi per la strada per

lasciare che i pori si inebrino di vapore d’oppio e d’assenzio.

Esiste un posto dove, si dice, vi siano angeli che camminano discreti fra la gente del centro e poi si stufano, e spiccano il volo per vedere un’altra città fatta solo per loro. L’ha creata “il matto del villaggio”, uno dei tanti con la barba lunga e lo sguardo incantato. Uno di quelli che non stanno attenti. Che finiscono sotto i tram e muoiono. E magari diventano angeli di media quota. Perché a stare troppo in alto ci si perde nell’ossessione dell’ordine e si perde il senso dei colori e della musica.

Esiste un posto che mi aspetta. Come una moglie che aspetta gioiosa e trepidante il ritorno del marito nonostante abbia appena salutato l’ennesimo amante. Ma chissenefrega se mi porta al mare, mi offre un pasto caldo e fa l’amore con me tutta la notte. Chissenefrega se mi risposa ogni volta che la chiedo in moglie e ogni notte è sempre la prima notte.

Esiste un posto che mi aspetta. Io ci torno oggi. Di notte. Planeando desde el mar. Embrujame, Barcelona.

A Valentina Figini. A Manuel Parra Temblador.

SATORI 667

La vita è un infinito esercizio all'abbandono. Questa sera il vento batte forte, batte forte dalla notte scorsa. Stasera entra dalla finestra. Ieri era dentro. Tra me e me. Smottamento enrgetico. Di quelli che agitano le voci. Voci sinistre. Voci straniere. Voci dal basso, dalla terra di sotto. Niente più di qualche goccia di sudore. Di solito arriva il giorno che le ricaccia in fondo. Non ora. Non oggi. Sono sopite e col giorno sono loro, anime purganti, che chiamano. Chiedono libertà. Chiedono esorcismo. Hanno bisogno di me. Per andare via. Per ritrovare la tranquillità del mondo di sotto. Per lasciarmi andare. How long is now? Quanto ci vuole perchè qualcosa diventi ricordo? Un secondo. E poi ci vuole resa e abbandono. Bisogna chiudere gli occhi. Bisogna ascoltare il vento. Vento che rimanda a vento. Il vento freddo della lunga notte di Berlino. Vento di dicembre. Vento che frulla la neve e io nella neve che sono così goffo a tentare di districarmi. Tra l'odore delle salsicce griglate e il tetro sferragliare di fantasmi ad ogni angolo di strada. Tra le luci blu e il silenzio del cielo nero e gofio. Tra me e me. Tra le seduzioni della memoria di un anno prima e un presente imperfetto dove non c'è niente di uguale se non il vento freddo. Tra me e me che divento te . Siamo uomini e a noi il vento mica fa paura. Noi uomini forti che quando non sappiamo più a che santo votarci ci dormiamo sopra. E dividiamo il nostro io. Io che mi commuovo alla finestra. Tu che conitnui nel tuo roboante e spiaggiato dormire. Così stanno le cose e così doveva andare. Doveva andare via. La stanza è vuota e non è neppure la stessa stanza. E noi a provare e riprovare. A ripetere la liturgia di un'addio già consumato da tempo ma incatenato nel tempo. Oggi ho rotto la catene. Le orbite, finalmente libere, si separano. Io ho chiuso gli occhi un secondo. Ho compiuto l'esorcismo. In un istante, in una stanza, nel vento freddo di Berlino. Una stanza vuota e muta. Giro le spalle.Chiudo serenamente la porta. Dopo un mancato appuntamento fra me e me. Fra me che divento te. Tu ancora li a celebrare il rito dell'abbandono. Io, che sono già via.