Tuesday, November 02, 2010

PORCAPUTTANAMADOVECAZZOSIETE?

Da piccolo mi hanno insegnato che le donne, per quanto mistero di fronte al quale anche Freud aveva calato le braghe, meritavano rispetto. Le braghe quindi si potevano calare sempre - metaforicamente – in segno di resa, e in modo fattuale solo su invito o su una sensazione molto condivisa di entusiasta opportunità.

Negli altri casi, di fronte a una donna, le braghe stavano su. Unica concessione al temperamento ormonale maschile era il conclave in bagno. A fantasticare senza mutande e in gran segreto sulla biancheria intima trasparente del catalogo Postal Market. Era un tempo, non troppo lontano, in cui le donne erano, diciamo, leggermente incazzate. Parlavano di autogestione del proprio corpo, di controllo delle nascite e di aborto. Parlavano di parità. E ottenevano. Si chiamava femminismo e voleva dire che di fatto le donne, a parte l’esame della prostata, potevano fare tutto quello che facevano i maschi. Anche fare figli quando e come volevano loro. Erano gli anni ’70 ed era in Italia.

Se non ricordo male la parola “gay” a quell’epoca non esisteva ancora. C’erano gli “invertiti”, i “froci” e i “finocchi”. Si trovavano nei parchi di notte e a volte venivano ammazzati, come era successo a Pasolini. Era un concetto molto imbarazzante. Si taceva. A quel tempo c’era una parola molto usata. Molto a sproposito. Era “pudore”. Quindi dei “gay” si bisbigliava a denti stretti. Però si vedeva molto. C’erano Mick Jagger, David Bowie, Andy Warhol, Amanda Lear e il Renatone nazionale (ufficialmente ancora etero). Tutti ben oltre l’idea di omosessualità. Anche Rita Pavone in fondo era decisamente gay. E pure la Nannini (versione maschile di Renatone). La Carrà era, infine, la benedizione di tutto e tutti. Una sorta di Croce Rossa interplanetaria.

In sintesi credo funzionasse così. Un giorno eri uomo. Il giorno dopo donna. Quello successivo marziano. La domenica un po’e un po’. E trombavi con tutti. A seconda del look. Poi c’erano i movimenti. Politici! Certo magari non così organizzati come quelli delle femministe. Anche perché non era semplice trovare un’istanza altrettanto forte dell’autogestione dell’utero.

Anche negli anni ’80, avevamo un certo “senso delle cose“. Per cui se dicevi a una donna “Hey figa” la risposta era la G di Gucci rossoporpora sulla guancia. Impressa dalla fibia della borsa della “figa”. Non era neppure tanto conveniente chiamare “culattone di merda” un cultore dell’omogeneità sessuale. Perché il culattone sapeva picchiare o utilizzare in modo creativo - ma molto doloroso - quanto a portata di mano. E non necessariamente Gucci. Gli uomini parlavano di “figa” in modo carbonaro, quasi per riappropriarsi di un patetico blasone che esisteva soltanto nella febbricitante iconografia del porno. Le donne, dal canto loro, cosa dicessero degli uomini non si è mai saputo. Erano più discrete. O avevano argomenti più concreti di cui occuparsi. Le scarpe.

Anche gli anni ’90 sono più meno scivolati via. Le donne hanno tirato fuori le tette ma tu uomo guardati bene dal commentarle. E dal sentirti legittimato a sfoderare - anche metaforicamente - il pingone.

Oggi c’è lui. Lui che, come ha detto una mia collega, è un gran signore. Perché le sue troie mica le lascia sul marciapiede: le sistema tutte e al meglio. Lui che “ama la vita e le belle donne”. Anche quelle diciamo in età in cui le donne si lasciano stare. Perché lo dice la legge. Chi non lo fa, viene chiamato pedofilo, è malato e normalmente finisce i suoi giorni in galera. Gli viene riservato anche un trattamento – spesso vagamente omosessuale – che gli fa dimenticare qualsiasi funzione del proprio pene diversa dal pisciare. Ma lui, in galera, non ci va. Ne quando si fa le diciassettenni “vendute” da padri compiacenti. Ne quando la minorenne è extracomunitaria. Non è pedofilia. Non nel suo caso. E’ bunga-bunga. Non è sfruttamento di persona in difficoltà. E’ bunga-bunga. Ed è anche bunga-bunga tirare giu santi e madonne, raccontare barzellette sugli ebrei, fare comunella coi mafiosi o pilotare i media tanto da farli diventare degli enormi bunga-bunga guidati dai rottweiler dell’informazione che rispondono al nome di Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro. Mercenari che non sanno che la provocazione pro-regime è una contraddizione intrinseca e si chiama “propaganda”. E nel quotidiano bunga-bunga non viene risparmiato proprio nulla. Abbiamo ministre che parlano al telefono di stimolazioni rettali. E oggi sappiamo anche che è meglio essere “appassionati di ragazze” che gay.

Io sostengo Amnesty International, detesto la violenza, e per arrivare alla bestemmia bisogna proprio che sia fuori di me (e in quel caso la bestemmia, comunque privata, ha un certo potere liberatorio, mentre in coda alle barzellette è cafona e basta). Ma credo che tenere come garante dello stato un puttaniere, mafioso, molestatore di minorenni, autore e ispiratore di tanti reati da oggi più facilmente riassunti dalla locuzione “bunga-bunga” non sia tollerabile.

Ne dai fascisti, ne dai comunisti.

Va fermato.

Fermamente e assolutamente.

Quindi perché le piazze sono vuote?

In passato un sacco di gente è morta per motivi ben più futili.

Anche in caso di carcere a vita (la pena di morte mi vede comunque contrario) sono convinto che lo stesso presidente di Amnesty International lascerebbe distrattamente cadere la chiave della cella nel tombino.

PORCA PUTTANA, DOVE CAZZO SIETE?