Wednesday, December 26, 2012

UNA STORIA DA UN CENTESIMO

Perfino qui, con la Francia di mezzo, la televisione non fa che un gran parlare dell’andirivieni di Berlusconi, del presunto salvifico Monti e del prete di Lerici che “se una donna viene ammazzata o stuprata se l’è andata a cercare”. Niente di straordinario, dal momento che anche qui i canali dal 4 in poi sono di proprietà di Mediaset España (salvo il 47, quello islamico). E’ che se sono qui, a Barcellona, è perché voglio una pausa, anche di riflessione. Rispetto a tutta una serie di deprimenti idiozie che sono, in Italia, un amaro pane quotidiano da cui seppur con tutto lo sdegno dovuto da un senso di cittadinanza e, prima ancora, di umanità, devo nutrirmi. Intendiamoci, non che la Spagna sia un altro pianeta. Appena arrivato, nel palazzo in cui vivo sono stato assalito da almeno un paio di vicini che mi hanno chiesto se per caso avevo qualche amico interessato a comprare il loro appartamento. Le strade sono relativamente vuote, considerando il periodo natalizio, e i negozi anche di più. Perfino il bar - un bar di quartiere – che è il vero motivo di questo mio soggiorno  (non per strafogarmi di birra, o perlomeno non solo, dato che è li che sto scrivendo un libro), fino al 28 è chiuso. Eppure anche in questa dimensione austera, decisamente poco “fiestera” c’è qualcosa che mi fa sentire profondamente a mio agio. E’ il valore delle monete piccole. Quelle da uno o due centesimi. Quelle che a Milano sono reiette, dimenticate, arrotondate alla cassa del supermercato o altrimenti rimbalzate nei cappelli dei mendicanti. Non qui. Qui si contano. Si mettono via. Servono, seppur nella loro modesta caratura ramata ben lontana dalle loro nobili sorelle scintillanti e coronate d’oro da un Euro e più. Qui le cose piccole hanno ancora un senso. Sia per chi, suo malgrado, ha dovuto cominciare a valutarle, sia per chi non ha scordato (la gratitudine è una gran cosa) che da li è partito. Lo stesso vale per le sfumature dell’opinione. Che sono monetine rispetto ai “fatti concreti”. Ma sono quelle che portano la gente in piazza, creano partecipazione e, a volte, fanno girare la ruota. Cosa le accomuna alle monetine? Che servono a placare la fame. In un mondo in cui la fame costringe la gente a riflettere e ad agire. Perché lo stomaco che reclama è una compulsione all’intelligenza. E qui la fame certo non manca. O perlomeno non viene sedata da quella sorta di anoressia neuronale in cui sembra sprofondata l’Italia. Ma andiamo al sodo. E contiamo le monetine. Sabato scorso sono andato in un bar per incontrare un amico. Un amico italiano che vive qui da parecchio tempo. Uno di quelli che “se la passa bene”, che gode di una certa fama. Uno di quelli che riesce ancora a fare la “bella vita” perché, avendo la cosiddetta testa sul collo, anno dopo anno, monetina su monetina ha fatto una discreta fortuna. E birra dopo birra (che qui, costando in proporzione meno dell’acqua, di fatto conviene), esauriti i tipici convenevoli sugli anni che per chi non si vede spesso sembrano non passare mai (se non fosse per i capelli grigi, la pancia, le rughe e altri del tutto trascurabili e invisibili dettagli), si passa allo sport preferito degli italiani. Che non è il calcio. E’ il “lamento a stile libero”. E dato che questo amico, vive da molto tempo in Spagna, un po’ per quella sindrome da “mo’ ti spiego” che prende tutti gli italiani (me compreso) che trascorrono più di una settimana all’estero, un po’ perché di spunti lamentosi originali sull’Italia non ne sono rimasti molti, ecco partire in quarta la “lamentatio iberica maxima”. “Eccerto – dice - sai: qui ci sono centinaia di sfratti esecutivi al giorno. Arriva la polizia. Comincia a bussare. Poi scardina la serratura. E appena riescono a entrare, gli appartamenti sono vuoti perché i proprietari si sono appena lanciati dalle finestre. Solo questa settimana, se non sbaglio è già successo cinque volte. E sai perché? Perché qui la gente è cogliona. Ha passato anni credendo di essere chissà chi. Vuoi una casa? 40 anni di mutuo ed eccola qui. Vuoi una macchina? La paghi in cinque anni. Vuoi la TV al plasma? 4 anni di rate che neanche te ne accorgi. E adesso si lamenta, piange e si butta dalla finestra. E pensarci prima?”. Già, penso io. Effettivamente mi ricorda un po’ la storia dai nativi americani. Che, ovvio, potevano prevedere che il whiskey dell’uomo bianco li avrebbe portati alla rovina. Mi ricorda anche, e con un certo ribrezzo, la retorica del “se la vanno a cercare” del prete di  Lerici. Ma non finisce qui. Sull’onda dell’ennesima birra, scatta il secondo round. “Mi girano veramente i coglioni, mentre sono li, che faccio la fila in banca e vedo questi uomini, queste donne che implorano con i bambini piccoli in braccio. Piagnucolano, fanno la sceneggiata. Ma siamo matti? Perché cazzo metti al mondo i figli se non te lo puoi permettere! Infilati un preservativo! Un po’ come questa storia delle ragazze che si prostituiscono per pagarsi gli studi (ndr: qui è un fenomeno praticamente “esploso”, alla luce del sole e talvolta incoraggiato dalle famiglie stesse). Ma che studi! E’ che queste vogliono l’IPhone, i vestiti firmati. Qui la danno via, mica vanno a fare le commesse”. Vorrei escludere il finale. Nel senso cha avrei preferito non udirlo. Ma, essendo la chiave di volta di tutta la conversazione lo riporto piatto piatto. “Guarda, lo sai, io sono uno di sinistra. Ma da quando sono qui provo ammirazione per Berlusconi”. L’ultima volta che avevo sentito una tale raffinatezza politica era stata in occasione della “discesa in campo” di Iva Zanicchi. Che in qualche modo, aveva il suo perché. La serata ovviamente si è chiusa a questo punto. Se mai aveva avuto un senso, quel senso era perso. E anche io mi sentivo un po’ perso. I veri amici non è che si tirino su con la pala, ma come si fa a considerare amiche persone che ragionano così? L’interrogativo, per quanto mi riguarda rimane aperto. Forse perché, diventando vecchio la solitudine comincia a darmi un po’ di pensieri. No, non è così. E’ che a volte anche dietro le “sparate” più imbecilli c’è altro per cui valga la pena. E’ che, invecchiando, pur restando monoliticamente fedele a me stesso, ho abbandonato la presunzione di cambiare gli altri. E li prendo per quello che sono. In ogni caso, sabato notte, tornando a casa in bicicletta per le strade deserte di Barcellona ho sentito un profondo senso di umanità. Solidale e partecipata: vibra anche adesso. Per le persone che comprano il televisore a rate. Per le ragazze che la danno via per soldi e che con quello che tirano su ci facciano un po’ cosa pare a loro. Per quelli che non si mettono il preservativo. Per quelli che comprano con le monetine a Barcellona, e per quelli che le chiedono. Per quelli che hanno creduto di essere felici e si sono sbagliati. Perché sbagliarsi è un attimo. Così come ritrovarsi dall’altro lato della strada a contare le monetine da un centesimo. Ed è, tutto sommato, una gran fortuna che non sia ancora successo a me, che al contrario del mio amico, la testa a volte ce l’ho un po’ dove capita.

1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Ricominciare a contare le piccole monete dovrebbe avere l'effetto di calmare il nostro istinto a consumare. Dal momento in cui ci svegliamo fino a quando il sonno ci inghiotte, consumiamo senza interruzione. Dall'aria che respiriamo fino ai rapporti umani. Tra i due estremi c'é di tutto. Tutto ciò che possiamo introdurre nel corpo e nella mente. Comunque, i tempi bui costringono a rassegnarsi a consumare meno. Quel meno che si compra con le piccole monete. E se non ci sono neache quelle, ci si butta giù. Ma c'é chi non si rassegna. Quelli che piangono in banca. Quelle che la danno via senza sentimento. Quelli che consumano rapporti senza il cappuccio. Quanta umanità c'é in tutto ciò? La stessa che c'é nella savana in tempi di siccità.

3:59 AM  

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