Sunday, May 07, 2006

LE SCAPOLE ALATE DI FINN - prologo

TROIA E' IN FIAMME

E’ una notte d’estate troppo calda, densa d’umidità e di stelle. La tangenziale est è vuota e il pensiero vaga sulla morte di Troy. Troy è morto oggi, nessuno sa come, nella misura in cui nessuno riesce a non essere ipocrita per dare un nome alla morte di Troy. Overdose di cocaina forse, ma sarebbe meglio dire overdose di se stesso. D’altra parte si sapeva che sarebbe finita così: l’unica cosa che davvero mi fa male è che la dipartita di Troy è stata davvero diversa da come lui se l’era immaginata. “Troy è morto” e basta. In quelle poche sillabe scandite al telefono dal padre in un attimo di gelida commozione erano un fatto, uno dei tanti. Ben lontano dalla faraonica rappresentazione della vita di Troy. Un attimo di cruda realtà con l’imbarazzo di dover affrontare i due giorni di canonizzazione che normalmente precedono l’inumazione del cadavere. Imbarazzo plausibile d’altronde per il fatto che di Troy non c’era davvero niente da poter dire. Io sto soffrendo perchè non soffro. Io, che davvero ho tentato e ritentato di amare Troy. Contro tutto e tutti con l’ostinazione di scavare all’interno dell’iceberg alla ricerca di un diamante. Io che, in fondo non ci sono mai riuscito perchè, sotto l'iceberg, del diamante non vi era che un pallido riflesso. Cercare di conoscere Troy era più difficile del trovare l'ubicazione del Santo Graal. Ora, che è morto, mi rendo conto che sono finalmente libero da quella tirannica sudditanza a cui sono stato quotidianamente sottoposto per tuttti gli anni della mia adolescenza. E' come liberarmi di un dio in cui non ho mai creduto e, pertanto, assolutamente privo di ogni consistenza.
Mi chiamo Finn, Finn O’Brien. Un nome che è un tributo all’Irlanda, la terra da cui vengo. Un nome che è un cognome, quello dei Finnegan celebrati da James Joyce. Della mia patria ho tutto. Ho un cuore di terra e di pioggia, ho un cuore di pioggia di sangue, ho un cuore di vento salmastro. Quel vento che tra i miei conterranei scava rughe in fronte tanto profonde che ci puoi leggere l’intera storia del mondo. Della mia terra ho la rassegnazione di chi sa di dover combattere per tutta la vita contro forze divine che ti tagliano le gambe e, subito, te ne danno di più forti per battaglie ancora più dure. A me la resa non sarà mai concessa, uomo nel vento, esploro le nebbiose oscurità del mio io, scendo nel mio inferno privato per risalirne più uomo. Della mia terra non ho molti ricordi, me ne sono andato quando ancora ero molto piccolo. Tuttavia i ricordi che scorrono vivi nel mio sangue sono quelli di tutto un popolo nato sotto il segno di Caino, orgoglioso della propria vita disperata e saldo nella propria determinazione senza causa.
Ora ho 34 anni. Ora ho deciso di scrivere la storia della mia vita, o piuttosto una parte di essa, quella che posso raccontare senza togliermi il tempo di viverne altrettanta, fino al momento in cui anch’io potrò, orgoglioso, mostrare al mondo intero rughe così profonde da nascondere l’intera storia dell’universo.
Dedico tutto ciò a me stesso, a mia madre e a tutti coloro che il mio cuore può contenere. Vorrei dedicare tutto ciò anche a Troy, involontario ispiratore di quanto mia accingo a raccontare. In realtà ciò che mi accingo a raccontare deriva dalla necessità di liberamene una volta per tutte. Addio Troy.

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