Monday, February 07, 2011

ATTENZIONE ALLA PUTTANA SANTA

La domenica sera non è mai granchè. Si sprofonda nella noia che sprofonda nei divani. Si guarda la tv che la domenica riesce a dare il peggio di se e, in replica, il peggio della settimana. Nei casi migliori si dorme. In quelli così così, si segue le trasmissioni. Saltellando qua e la, come cercatori d’oro nel giardino di casa, dove l’unica cosa metallica sepolta è qualche tappo di birra. Di questo parliamo. Di un programma “tappo di birra”. Si chiama Kalispera e viene trasmesso quasi a ciclo continuo su Mediaset Plus. Lo conduce Alfonso Signorini in uno studio con luci soffuse, due poltrone con cane accucciato ai piedi e ritratto di Maria Callas sulla parete di fondo (tanto per restare nei “luoghi comuni”). Messa così è il programma ideale. Per quella fascia oraria. Un’intervista ad un’attrice ipertettuta e l’effetto ipnoinduttore è garantito alla prima domanda. In effetti anche ieri sera la fatalona c’era. Ma non una qualunque. O meglio, una delle tante qualunque che, da un momento all’altro non sono più tali. Karima, di anni 17, che diventano 18 e poi addirittura 25. Un’autentica maga della macchina del tempo. E racconta la sua storia. Non è una storia inedita. Karima nasce in Marocco ma vive in Sicilia, è in perenne conflitto con il padre che la mena per le sue abitudini poco in linea con la tradizione islamica, e quindi scappa di casa. Vive di espedienti. Talvolta ruba. Cerca di sopravvivere in qualche modo, come purtroppo succede a molte ragazze che cercano di fuggire a un inferno conosciuto per approdare in un paradiso visto in TV (ma che tanto paradiso alla fine non è). Per sopravvivere Karima inventa una seconda identità. E’ maggiorenne, ha una famiglia egiziana e cerca di entrare nel mondo dello spettacolo. Si chiamerà Ruby.

Fine primo tempo.

Fine di un’intervista raccontata con il rigore del grande giornalismo d’inchiesta, non fosse per Signorini più cane più ritratto della Callas. Con sguardi pittorescamente intensi. Sempre sul filo di una commozione puntualmente catturata dall’abile alternanza di primi piani.

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Ritorna Ruby. Che è una ragazza bella, incredibilmente intelligente e con una padronanza della lingua italiana da fare vergognare molte delle sue coetanee. E’ evidente che ha studiato molto. Per quella intervista intendo. Ricomincia a raccontare. E’ una ragazza distrutta. Perché a Milano ha lavorato in bar e ristoranti dove tutti le palpavano il culo. Perché a un certo punto si guadagnava il pane facendo la cubista in un mondo dove – lo apprendo ora – un’italiana che balla seminuda sul cubo è una ballerina professionista, una straniera è una troia. Mah…Io onestamente ho sentito parlare delle cubiste sempre come cubiste senza distinzione di razza, religione o pensiero politico. Comunque, non è questo il punto.

La povera Ruby, a fare la prostituta (ma non la troia, per l’amor di Dio), ci prova. Viene introdotta da un’amica nel “giro” e viene inviata da un cliente. Che alloggia al “Four Seasons”, che è giovane, bello e ricco tanto da darle mille Euro per un’ora. Alla faccia di chi trovava poco probabile la trama di Pretty Woman.

Lei si spoglia. Lui prova a toccarla. Lei urla. Lui capisce che è la prima volta. E come un fratello maggiore la prega di andare via. Di non fare quel mestiere. E le da mille Euro. Le favole a volte finiscono bene. Mica solo nei film. E quindi la nostra irrequieta ragazza nordafricana continua sul cubo. O “partecipa” a cene. Perché, lo si apprende in quel momento, le belle ragazze possono anche fare le “commensali a pagamento”. Ed è proprio ad una cena che un’amica la invita. Una cena di lavoro. Ma quando Ruby arriva sotto casa capisce che non si tratta di una casa qualunque. E’ una villona coi fiocchi. Quella del Presidente. E lei, cenerentola del terzo millennio, accede a corte. Alla cena c’è anche il direttore di Retequattro più altre belle ragazze. Tutte brave ragazze, s’intende. E infatti subito dopo cena corrono a casa. Ruby ha un regalo del Presidente. Settemila Euro. Senza nessuna pretesa, come se fossero storie di tutti i giorni. E Ruby frequenta nuovamente la casa del Signor B., sempre in quell’ambito di ordinaria e normalissima amicizia. Come succede spesso fra i potentissimi 74enni impotenti e le sedicenni maggiorenni. Che a suon di settemila Euro mangiano un pasto caldo decente e si possono permettere qualche capriccetto.

Però qui, in questo punto, la sceneggiatura comincia a scricchiolare. Sembra, ma la colpa è della magistratura, che la sprovveduta Cenerentola, una volta uscita dalla casa abbia contattato un team di avvocati. Tutte le povere ragazze extracomunitarie hanno un team di avvocati, casomai qualcuno tentasse di fregarle. Vuole vendere il suo silenzio (sui piatti sporchi o sbeccati visto che non è successo nulla di scabroso) a 5milioni di Euro. E’ vero? Non è vero? Non si sa. Ma Ruby adesso vuole essere lasciata in pace. Non ha fatto nulla ed è perseguitata. Su Facebook la insultano. Per strada la seguono. Lei sogna che tutto finisca. Sogna una famiglia. Sogna di tornare ad essere una ragazza qualunque. E per realizzare questo, giustamente rilascia interviste, va in televisione e fa serate in discoteca. Curioso modo di proteggere la privacy. Anche per la TV. E quindi Alfonso chiama immediatamente il “fidanzato” in scena. Lui è titubante ma poi, discreto, si avvicina con un’aria talmente perbene da sembrare un serial killer. I due si abbracciano. Alfonso augura “buona vita” a entrambi. Li saluta sulle note di “Mon coeur s’ouvre a ta voix” (versione Callas). L’amore trionfa tra i bianchi tutù delle ballerine e tutti possiamo andare a dormire sereni. Perché sappiamo la verità. Raccontata in un italiano impeccabile da una ragazza marocchina, maggiorenne, consapevole e coscienziosa. Che parla di un gentiluomo che, come quei preti di periferia, va per le strade, raccoglie le pecorelle smarrite, le sfama e le rende ricche e famose (a volte anche ministre). Sappiamo di una ragazza tacciata da un’odiosa Italia razzista di essere una troia. Lei, che è un’onesta “commensale a pagamento”. Io la amo, questa piccola Mata Hari un po’ pasticciona. Anzi diciamo che se grazie a lei questo cazzo di governo cadrà, la venererò come una contemporanea Giovanna D’Arco che ha compiuto un grande miracolo. Perché in America la Lewinsky apparentemente si è sbattuta molto di più e ha ottenuto giusto un quarto d’ora di celebrità. Perché in Italia non è stata la conclamata incapacità governativa o l’immobilismo politico a far tremare e, auspicabilmente, tracollare l’establishment. E’ stata una cena. Con Ruby.

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