Monday, March 24, 2008

DHARMA

Le cose che ti prendono dal di dentro sono le più difficili da tirare fuori. Per questo parlare del Tibet, mi è difficile. Perché è una storia che sento vicina. Perché, da oltre vent’anni, sono Buddista e in quanto tale riconosco come guida spirituale il 14° Dalai Lama Tenzin Gyatso. Perché, invece, questo blog nasce come spazio libero e - raramente - si fa estensione della mia personalità. Ecco la molla. La libertà. Massacrata, uccisa e sconfitta. Passata sotto silenzio fino a quando non se ne è potuto fare a meno, ma ancora oggi alquanto scomoda. Tanto che, nel corso dell’ultima visita in Europa, l’Italia è stato uno dei pochi Paesi che non ha ricevuto ufficialmente il Dalai Lama. Per non rischiare attriti diplomatici con quella Cina fino a ieri così lontana ma oggi anche troppo vicina.
Non racconterò la storia dei monaci e dei civili picchiati a sangue dalla polizia cinese. Per questo basta leggere i giornali e credo che ne sentiremo parlare a lungo, perlomeno fino alla fine dell’estate. Racconterò la storia di un bambino. Si chiama Gedhun Choekyi Nyima ed è nato a Lahri in Tibet il 25 Aprile del 1989. Aveva solo sei anni quando il Dalai Lama, riconobbe in lui l’undicesima reincarnazione del Panchen Lama, la seconda più importante autorità del Tibet. Il Dalai Lama, in quell’occasione, agì nella piena legittimità conforme al suo ruolo. Malgrado ciò, le autorità della Repubblica Popolare Cinese accusarono Tenzin Gyatso di voler creare, attraverso il riconoscimento del Panchen Lama, tensioni e conflitti in Tibet. Non appena formalizzato il riconoscimento, il piccolo Choekyi Nyima e i suoi genitori furono prelevati dal loro villaggio e, da allora, se ne sono perdute le tracce. Il monastero di Tashilumpo fu sottoposto ad un regime di rigido controllo e tutti i monaci che manifestarono solidarietà al Dalai Lama furono espulsi o arrestati. In contemporanea con il rapimento, l’Ufficio affari religiosi del Partito comunista cinese scelse il "suo" Panchen Lama, Gyaltsen Norbu, un altro bambino di sei anni.
Ammesso che sia ancora vivo, Nyima ha ormai superato i 18 anni. Dopo anni di silenzio, il vice-sindaco di Lhasa ha dichiarato che il ragazzo è in buona salute e che conduce una vita normale e che proprio per preservare questa “vita normale” non viene permesso a nessuno di incontrarlo. L’”altro Panchen Lama”, al contrario è molto più raggiungibile. Ha compiuto tre viaggi ufficiali in Tibet durante i quali la macchina propagandistica cinese si è messa in moto per dimostrare una calda accoglienza che ha pochi riscontri con la realtà.
Non solo, nel gennaio dello scorso anno, ma la notizia è trapelata mesi dopo, due rispettati monaci di 71 anni sono stati trovati impiccati. Il «suicidio» è avvenuto nel monastero di Tashilhunpo. Gyaltsen Tsepa Lobsang e Yangpa Locho, i due monaci anziani, erano stati consultati per il riconoscimento del vero Panchen Lama, poi rapito. Inoltre avrebbero dovuto riconoscere il prossimo Dalai Lama. Urgen Tenzin, direttore del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia, è convinto che la morte dei monaci faccia parte «della campagna di repressione di Pechino in vista delle Olimpiadi».
Evidentemente, e oggi più che mai “the show must go on”.

Serve un atto di coscienza civile.
E’ importante. E’ urgente. E’ facile.
http://www.italiatibet.org/cosa%20puoi%20fare/tibetcosapuoifare.htm

1 Comments:

Blogger Stoney said...

Scusa il fuori tema, ma non sapevo come raggiungerti. Per le dieci domande non-sense della catena io comunque sto cercando due volontari, quindi...
Visto cosa tieni nello stipetto dei medicinali, se qualcuna di queste ti fa perdere il sonno, di sicuro hai più di un rimedio a portata di mano.
:-)

5:04 AM  

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