Monday, October 12, 2009

KA AVAV TEHARA TUTE - TORNERO', DOMANI

Hai mai pensato che la vita, in fondo, non è altro che una grande affannosa corsa? Per un periodo ti corre dietro e tu sei sempre un passo avanti a lei. Poi ti fermi un secondo e lei ti supera. Ma a quel punto sei stanco e sei tu che devi rincorrerla. Le lunghezze aumentano. Diventa sempre più piccola all'orizzonte e tu sei sempre più stanco. Poi ti fermi. Per sempre. Io sono nella linea di mezzo. Sono ancora un passo avanti. Lei è vicina. Ne avverto i graffi sulla pelle. Ogni mattina prima di uscire. Ogni mattina, quando mi appresto ad affrontare la mia odissea quotidiana. Quella che fra le sette e trenta e le otto e quarantacinque si compie sul terreno dissestato dei pensieri fra casa e lavoro. Frettoloso e meditante, assonnato e mediamente annoiato. Tempi calcolati con ossessiva precisione mentre con l'auto scivolo sulla tangenziale. Poco prima, quella variabile semaforica che frantuma ogni certezza di puntualità. Lei è li. Lei non si è mai chiesta se sta ancora rincorrendo la vita. Perchè lei vive delle speranze - poche - che costellano le precarietà di chi la vita la afferra a morsi. Semplicemente si lascia essere. Ferma all'ingresso nove della tangenziale est. Ha una lunga treccia di capelli neri. Ha la pelle olivastra. Ha la pelle trascurata. Ha un sorriso sacro. Ha denti di calce viva. E' vestita con abiti di fortuna che avvolgono un corpo esile e ligneo. Lei sorride. Sorride sempre. Tiene in grembo una mazzetta di giornali. Li vende anche se, quei giornali, normalmente non si vendono: si regalano. Li ha tutti e posso decidere quale prendere. Il prezzo lo decido io. E mi chiedo se sto comprando un giornale o quel sorriso che mi rende meno fastidiosa la sospensione semaforica. All'inizio non è facile. Perchè lei è una Rom. E' una zingara. E gli zingari rubano, sono sporchi e pericolosi. Le prime volte mica mi fido. Sarei anche disposto a passare col rosso pur di non incrociare la sua aura così poco raccomandabile. Poi mi ci abituo. E' facile. Lei è lontana dall'angosciosa litania del "dai e dai" che miagola ad ogni angolo di strada. Lei non è così. Lei sorride. Semplicemente. Posso far finta di niente e tirare dritto. Posso far finta di cercare qualcosa: il telefonino, l'agenda o il nulla sul tappetino. Lei e li ferma col suo sorriso che non implora e non mendica. E' curioso. In quei momenti inumani ho un'incontenibile sete di uumanità. Lei è li, pronta ad offrirmela. Abbasso il finestrino. Lei mi sorride e mi chiede come sto. Io penso "che cazzo vuoi". Estraggo pochi centesimi dal portafogli e afferro velocemente quel giornale che dimenticherò per settimane sul sedile a fianco. Mentre alzo il finestrino lei mi augura buon lavoro e buona giornata. Mi succede spesso. Mi succede ogni giorno. Da lunedi a venerdi. A volte non ho voglia di notizie. Lei mi chiede comunque come sto e mi augura buona giornata. Sorridendo. Io, al contrario, ho un interesse alquanto relativo al suo stato d'animo. Al mattino non so sorridere. Ma imparo. Lentamente. Le chiedo come sta. Ricambio l'augurio di buona giornata. Scopro che si chiama Lijdia e che è madre di un bambino di sette anni. Giorno dopo giorno Lijdia diventa Persona. In qualche modo vuole che io la conosca. Mi racconta di suo figlio che va a scuola. Ne è così orgogliosa. Sono imbarazzato di come una tale ordinaria normalità possa essere tanto preziosa. Perchè io, un figlio che va a scuola non ce l'ho. Io non ho un figlio. Il figlio di Lijdia si ammala, come tutti i bambini. Io le allungo dieci Euro per l'antibiotico. Il giorno dopo il sorriso di Lijdia è spento. Suo figlio non sta bene, ma nei giorni successivi migliorerà, perchè dove non arriva l'Augmentin ci sono le preghiere segrete di una madre. Quelle funzionano sempre. Il giorno dopo il bimbo sta meglio. Il freddo comincia a farsi pungente. Ma Lijdia nonostante siano alcuni giorni che io non compro i suoi giornali non manca di sorridermi e di aggiornarmi sui progressi di suo figlio. Mi è grata. Io così poco abituato alla gratitudine, la trovo eccessiva e servile. Il freddo, con l'autunno che avanza, si fa più pungente. Ma lei non sembra avvertirlo. Finchè non diventa insopportabile. Lijdia mi dice che deve comprare la bombola del gas. Io le allungo dieci Euro. Come per l'antibiotico. Stesso prezzo. Nei giorni successivi Lijdia non è più li. Non c'è più. O forse è tornata, ma io nel frattempo ho cambiato lavoro e itinerario. Non l'ho più vista, la Madonna Stregona dell'ingresso nove. Continuo a immaginarla. Forse è felice che balla davanti a un falo'. Forse la sera non ha voglia di sorridere e pensa a quel figlio così difficile da proteggere in un mondo in cui è "nato ladro". Forse è serena perchè quel figlio, esattamente come lei, saprà cavarsela. Sorridendo al mattino di ogni singolo giorno della sua vita. Farà come potrà. Lontano anni luce da quelli che, come me, non sanno neppure quanto costa la bombola del gas.

3 Comments:

Blogger Stoney said...

34 Euro.

12:15 AM  
Blogger Pier Lodigiani said...

...davvero? Magari quella da picnic costa 10 Euro.

12:39 AM  
Anonymous wabes said...

lacjo drom...................

3:28 PM  

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