Friday, June 21, 2013

MAC CITY

Una domanda. Perché mai una persona sensata si fa un hamburger da MacDonald’s? Certo, i gusti sono gusti, ma in questo caso che gustaccio! Io avevo quindici anni quando ho addentato il primo Big Mac. Quello stravagante mix di cipolla semicotta, carne semicotta, cetriolo appassito ecc. mi ha provocato unimmediato e alquanto sconveniente vomito “on the road”. Ed è successo a molti. Nonostante tutto iristoranti della grande emme sono cresciuti, belli e pasciuti. Nonostante i panini così così, le patatine con disfunzioni erettili e la Coca Cola annacquata. Il motivo di tale successo? Il piacere di ingerire puro, autentico e perverso veleno. E che si fottano dottori, dietisti e laboratori di analisi. Passiamo al Whiskey. Poi lo si apprezza, ma ricordate il primo sorso? Fa male, brucia la gola, ma proprio per questo è da eroi.  Per lo stesso motivo si incomincia a fumare… Eh si, la sana e robusta costituzione fisica si conquista anche con una certa frequentazione del peccato e del lato selvaggio della vita. Pensiamo al sesso, al cosiddetto amore che si vende a ore. Io in un bordello non ci sono mai stato. C’è stato, una volta, “un amico”, uno decisamente più avvezzo di me per le cose sconvenienti. Interessa sapere come funziona? Il posto fisico;lo si sceglie su Internet. Poi si passano un paio d’ore a dire a se stessi non lo faccio, non ci vado, che cazzata, ma figuriamoci e nel frattempo ci si veste di tutto punto e si salta sul primo taxi. Sentendosi un po’ come 007 al servizio di sua maestà. Anche perché è indescrivibile quante parole non dette e quali complicità sia in grado di attivare la semplice comunicazione di un indirizzo al tassista. Una volta arrivati si entra nel Taj Mahal del peccato(attraverso una scala anonima), si viene accolti da una signora piuttosto ordinaria e si viene fatti accomodare in un salotto dove, dopo pochi minuti,sfila una dozzina di ragazze in costume da bagno con una fascia numerata stile Miss Italia. Se ne sceglie una e con lei ci si apparta in una stanza, normalmente più che decorosa. E in quel momento comincia lo show. Un bicchiere di Whiskey, un bagno caldo, un sigaro cubano, un altro Whiskey e un altro ancora. E lei che ti sfiora (sfiora, non tocca), ti travolge di profumi e parole di apprezzamento che nemmeno il sultano di Brunei. E tu voli, voli alto e volteggi nel cielo. Puoi avere un piccolo impatto con la dura realtà, come è successo al mio amico che, in un afflato neorealistico ha chiesto “perché lo fai”, pronto ad accogliere una storia lacrimevole da piccola fiammiferaia. Lei a tale domanda ha risposto “ovviamente lo faccio per soldi”. Che è un modo educato per dirti “io farò pure la puttana, ma tu sei un professionista della più borghese stronzaggine”. Finito il siparietto si ricomincia a volare tra uno sfioramento e un bicchiere di Whiskey. A questo punto vola tutto tranne ciò che dovrebbe e che, riluttante, punta irrimediabilmente verso terra. E’ la fine poco gloriosa di ciò che fino a un’ora prima e in un eccesso di autostima avevi definito con gli amici “il braccio violento della gente” o l’”obelisco di Axum”. Pazienza, tanto il tempo è scaduto, la tacca sul fucile l’hai messa e hai messo anche una cifra a due zeri sulla carta di credito. Te ne vai poco soddisfatto nei sensi. Un po’ barcollante ma felice nell’orgoglio per la prova di coraggio superata. Sulle stesse orme lasciate da Holden Caulfield. Eh si. Il peccato serve. Serve eccome. Fortifica il sistema immunitario. Crea anticorpi e, diciamocelo, è un sacco figo. Lo sappiamo dai tempi dell’adolescenza, dove i nostri modelli non erano mica i primi della classe o Mino Reitano. Ho anche avuto anche amici che, di tanto in tanto, frequentavano i casinò. Io mi limitavo ad accompagnarli. Non solo perché la fortuna mi evita come la rogna, ma perché non provo il benché minimo entusiasmo neppure per la schedina del Totip. Ma andarci, ogni tanto, non era male. Gustarsi quel borghese e immorale scialacquio di denaro, gli abiti da sera, l’orchestra e i rituali della “bella vita”. Avere, per qualche ora, come unico pensiero, l’interpretazione del proprio scintillante personaggio. Bei tempi quelli in cui si peccava. E non erano mica tanto lontani. Non erano gli anni ruggenti. Era una manciata di stagioni fa. Poi le mille luci si sono spente. Non solo a Las Vegas. Anche a Milano. New York forse continua a non dormire. Ma Milano, che comunque dormiva molto poco, si è affossata in uno strano torpore. Quello della crisi rassegnata. Quello delle bottiglie basso prezzo/alto stordimento da nascondere con il sacchetto del pane. Le luci sono diventate strisce di LED da emporio cinese che circondano vetrine oscurate e decorate con signorine pettorute. Tante vetrine. Ovunque. Con insegne farloccamente roboanti. Cose tipo “Imperial Casino con sala fumatori”. Dove è finito il fascino perverso? Dove sono le atmosfere proibite di Eyes Wide Shut? Sono morte. La crisi ha colpito anche il peccato, lo ha reso più volgare, quasi banale e incredibilmente squallido. Il discount del piacere. Il mercatone del proibito. La trasgressione in formato famiglia. Ed ecco che tra un panettiere e un fruttivendolo c’è un centro massaggi cinese. Niente Whiskey, niente cerimoniali e niente massaggi. Ci si sdraia su un lettino. Si chiudono gli occhi. Una poveraccia si da dà fare producendosi alla meno peggio in quella attività che gli uomini sanno fare benissimo anche da soli e dopo quindici minuti avanti il prossimo. C’è più eros in uno studio dentistico. Ma una volta usciti, tra una farmacia e un negozio di telefonini, impossibile non imbattersi in altre vetrine oscurate. Quelle che annunciano le sale fumatori. All’interno si tenta la fortuna. Ma non è il Cesar’s Palace. E’ una fila di fluorescenti  macchinette mangiasoldi maneggiate da umanoidi magrissimi, catatonici e con la pelle bluastra. Vestiti come capita. Che si atteggiano con lo stile di una riunione condominiale di ratti. Perché certo, con questa crisi, giocare d’azzardo non è un vizioso sollazzo. E’ roba da stronzi. Continuando a passeggiare, per poco ancora, vista l’attrattività del paesaggio, è poi praticamente impossibile non imbattersi in un negozio di sigarette elettroniche. Ok fumare fa male. Per alcuni leggere sul pacchetto che invecchia la pelle è anche peggio di immaginarsi cadavere. E’ quasi meno disdicevole pippare cocaina. Ma la soluzione proposta da questi nuovi centri del vizio lecito (e pertanto ben poco affascinante) è la Pelikan Vaporella. Che a quel punto tanto vale smettere del tutto pur di non farsi vedere evaporare agli angoli di strada coma la valvola di una pentola a pressione. Non che si voglia difendere – contro ogni ragionevolezza – il fumo. Che fa male e tutti lo sanno. Che deve essere dissuaso il più possibile. Ma poi ognuno decide per se e se ha voglia di intossicarsi consapevolmente credo abbia il sacrosanto diritto di poterlo fare (Mac Donald’s docet). Ma come immaginare Humphrey Bogart, Marlene Dietrich o Steve Mc Queen con una stilografica penzolante fra le labbra? Ci hanno tolto il lavoro, ci hanno tolto i soldi, ci hanno tolto anche la libertà di peccare, la possibilità della successiva redenzione come presupposto per nuovi e ancora più entusiasmanti peccati. Li hanno spogliati della loro demoniaca nobiltà e li hanno rivestiti di squallida straccionaggine. Hanno sostituito il piacere dello stupefacente godimento con roba tagliata malissimo e sedativi a buon mercato. Ora abbiamo il peccato placebo, privo di alcun effetto a parte quelli collaterali. Altrettanto letali. Perché è tutto da dimostrare che ci salvaguardino dalla chiusura anzitempo del sipario della vita. Ma una cosa è sicura. Che comunque vada, a Mac City, il sipario non chiuderà più un palcoscenico illuminato e inondato da applausi scroscianti. Oscurerà semplicemente le vetrine un fast food che puzza di olio fritto e patatine con disfunzioni erettili.